L’IDENTITÀ DEL CATECHISTA
Chiamato ad annunciare il Vangelo
Tratto dal documento LA FORMAZIONE DEI CATECHISTI NELLA COMUNITÀ CRISTIANA”


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12. È il Signore a chiamare i catechisti per la sua Chiesa. Come specifica attuazione della vocazione battesimale, la chiamata che il Signore fa per il servizio alla sua Parola è un dono che il catechista riceve. Non si sceglie di diventare catechisti, ma si risponde ad un invito di Dio: "il catechista è consacrato e inviato da Cristo" per mezzo della Chiesa (RdC 185). La convinzione che il servizio catechistico nasce dalla vocazione battesimale deve aiutare le nostre comunità a superare atteggiamenti e preoccupazioni di carattere puramente organizzativo. Non si tratta di ricoprire in qualche modo dei vuoti pastorali. Si tratta invece di aiutare ogni cristiano a scoprire la sua specifica vocazione nella Chiesa e nel mondo. La chiamata che il Signore fa non ha infatti, normalmente, caratteri di evidenza tali da escludere la paziente ricerca individuale e comunitaria. C’è bisogno di preghiera e riflessione personale, di discernimento comunitario, di garanzia che viene da chi nella Chiesa ha il carisma dell’autorità e, poi, di gioiosa accettazione del dono e di fattivo sostegno per maturarlo. Come ogni dono divino, anche l’essere catechista è una realtà che non solo va accettata ma continuamente richiesta. Chi si sente chiamato a questo servizio deve continuamente sollecitare, nella preghiera, l’abbondanza della grazia, "per divenire, nello Spirito, strumento adatto alla benevolenza del Padre" (RdC 185). L’essere destinatario di un dono di Dio, e l’essere divenuto dono di Dio agli altri, deve far sorgere nel catechista l’esigenza di una forte crescita di vita spirituale. Egli è discepolo in costante ascolto del suo Maestro. Come Maria, la prima dei discepoli del suo Figlio, così il catechista deve saper accogliere con umiltà e meditare la parola del Vangelo e riferirsi costantemente ad essa.

Nella Chiesa

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13. Essere catechisti è un dono che lo Spirito fa, come per ogni carisma nella Chiesa, alla comunità. È qui il fondamento del carattere ecclesiale del servizio catechistico:" Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo... compie un atto di Chiesa... Ciò presuppone che egli agisca non per una missione arrogatasi, né in forza di un’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa" (EN 60). Il fondamento ecclesiale del ministero del catechista richiede, anzitutto, che le comunità cristiane non vivano il compito della catechesi con atteggiamento di delega nei confronti dei catechisti. Questi "devono sentirsi sostenuti dalla stima, dalla collaborazione e dalla preghiera dell’intera comunità" (RdC 184). A loro volta, i catechisti devono radicare sempre più il loro servizio nella Chiesa che li manda. Il catechista deve essere "consapevole portavoce della Chiesa, dalla cui esperienza di fede gli viene sicurezza" (RdC 185). Il Vangelo che egli annuncia è il Vangelo che la Chiesa gli dona. La fedeltà al compito di educatore nella fede, che gli viene dalla Chiesa, si esprime anzitutto nella comunione e nella fedeltà al suo vivo magistero. Fedeltà alla Chiesa non è solo però fedeltà ad un mandato ricevuto; è anche partecipazione fedele alla vita ecclesiale; è sentirsi parte attiva della Chiesa locale in cui si esercita il servizio. Questa partecipazione non può, infine, confinarsi nel solo ambito dell’annuncio della Parola: deve aprirsi a tutte le dimensioni della vita ecclesiale e parrocchiale.

Al servizio dell’uomo

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14. Al servizio di Dio, in nome della Chiesa, i catechisti sanno di essere chiamati e inviati per un servizio ai fratelli. Essi "sono testimoni e partecipi di un mistero che essi stessi vivono e che comunicano agli altri con amore" (RdC 185). Proprio il radicarsi in Dio e nella Chiesa spinge il catechista a vivere con gli altri e per gli altri. Il catechista deve così sapersi porre accanto agli uomini, camminare con loro, nell’ascolto delle loro esigenze, soprattutto di quelle degli ultimi, dei poveri, degli handicappati. "Educatore dei fratelli nella fede, egli è debitore verso tutti del Vangelo che annuncia; dalla fede e testimonianza di tutti, egli si lascia a sua volta educare" (RdC 185). Il catechista assume concretamente la storia dell’uomo e ne diventa un attento lettore. Servitore della Parola che è per l’uomo, egli si qualifica in particolare come "animatore" delle comunità, favorendo la partecipazione di tutti e la presa di coscienza della storia che si vive. Il servizio all’uomo è vocazione che non può restare circoscritta negli ambiti strettamente ecclesiali della catechesi e delle attività parrocchiali. C’è il rischio di ripiegarsi sui problemi interni della comunità e di estraniarsi dalle occupazioni e dalle sensibilità comuni dell’uomo. Ciò vale anche per il catechista. Il respiro di un’autentica catechesi nasce anche da un’attenzione viva e generosa del catechista ai problemi della società.

Maestro, educatore e testimone

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15. "La testimonianza specifica che il catechista rende alla fede, è quella dell’insegnamento" (RdC 187). Se questa dell’insegnamento è la funzione tipica dei catechisti all’interno del quadro generale dell’evangelizzazione, ciò significa che preoccupazione costante dei catechisti deve essere quella di porsi all’ascolto della parola di Dio, alla ricerca della conoscenza sempre più approfondita del messaggio di fede che sono chiamati a trasmettere. Vanno in particolare evitate le improvvisazioni, sia pure volenterose, le presentazioni disorganiche del messaggio di fede, le riduzioni del ruolo del catechista a semplice animatore di gruppo. La catechesi è "un insegnamento cristiano organico e sistematico" (CT 21), che richiede competenza, fedeltà all’integrità del messaggio, capacità creativa nell’attualizzare la verità che si comunica "perché chi ascolta entri concretamente in comunione con Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (RdC 187). Il catechista è insegnante di una verità viva. Per questo il compito dell’insegnamento va collocato all’interno di un compito ancora più vasto e più profondo, quello all’educazione cristiana: "L’insegnamento catechistico mira all’educazione integrale di quanti lo ascoltano" (RdC 188). Momento forte del cammino che educa alla fede e alla vita cristiana è la catechesi pre-sacramentale, che il catechista dovrà guidare e sostenere con particolare cura e competenza. I catechisti possono dunque essere definiti "educatori - dell’uomo e della vita dell’uomo - nella fede" (CT 22). È un pericolo da evitare quello di uno scadimento del catechista a puro trasmettitore di conoscenze, di nozioni, ovvero a suscitatore di esperienze frammentarie. Il catechista è educatore di tutto l’uomo. Ciò deve stimolare i catechisti sia a una formazione personale che renda credibile la loro attività di educatori, sia a una competenza umana e cristiana che renda efficace il rapporto educativo, sia a sentirsi strumenti di un’opera educatrice che ha la sua prima fonte nell’azione dello Spirito.

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Infine, e fondamentalmente, il catechista è un testimone. Lo scopo della sua attività educatrice è di aiutare a vivere nella vita quotidiana la propria scelta di fede. Ciò rappresenta un’esigenza per la sua stessa persona: "testimone di Cristo salvatore, ogni catechista deve sentirsi e apparire, lui pure, un salvato" (RdC 185). "La testimonianza della vita è divenuta più che mai una condizione essenziale per l’efficacia profonda della predicazione... Il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l’Invisibile" (EN 76). I catechisti sono chiamati a essere non ripetitori, sia pure competenti, di un messaggio che resta però loro estraneo, ma segni viventi di quanto annunciano. La loro vita deve essere il primo catechismo per gli uomini a cui si rivolgono. Non si vede allora come possano coesistere servizio catechistico e incertezze di fede. Dubbi gravi e permanenti sulle verità di fede, atteggiamenti di critica corrosiva verso la Chiesa sono in contraddizione con il ministero del catechista. Altra cosa è invece l’atteggiamento di ricerca: la fede e la sua testimonianza non sono mai un dato pienamente acquisito, ma una meta a cui sempre tendere con umiltà sincera e impegno costante.

Per la crescita di tutti

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16. Se queste sono le caratteristiche proprie del catechista, di ogni catechista, si deve però ricordare che esse vanno incarnate in una pluralità di situazioni. Diversi sono, infatti, i catechisti del popolo cristiano. Diversi sono anche i destinatari della catechesi. Tutto ciò crea l’esigenza di una pluralità di servizi catechistici nelle comunità locali. Pluralità di servizi catechistici significa anzitutto creare spazi e sollecitare risposte che conducano al servizio catechistico non solo giovani e donne, come prevalentemente accade oggi nelle nostre comunità, ma anche uomini adulti, genitori, lavoratori delle più diverse condizioni sociali e culturali. Pluralità di servizi catechistici significa inoltre attrezzare la Chiesa per una pluralità di servizi, allargando l’area dei destinatari della catechesi, oggi ancora in prevalenza fanciulli. Accanto ai catechisti dei fanciulli debbono moltiplicarsi i catechisti dei ragazzi, dei giovani, degli adulti, degli anziani; catechisti dei fidanzati, delle famiglie; catechisti per i diversi ambienti della vita sociale e catechisti per situazioni particolari, come quella degli handicappati; catechisti delle associazioni, dei movimenti e gruppi ecclesiali, ecc. Pluralità di servizi catechistici significa infine diversi livelli di servizio catechistico: dai "catechisti di base" agli animatori della catechesi, animatori cioè dei gruppi di catechisti e animatori responsabili della catechesi nella parrocchia, nel movimento, nell’associazione, ecc., idonei a contribuire non solo al servizio catechistico, ma alla sua stessa programmazione.